La musica di Frank Zappa inaugura la Biennale Musica 2018 di Venezia. Il suo nome è stato sicuramente uno dei miti degli appassionati del rock degli anni ’70. Una figura trasgressiva, audace ed eclettica che, con il suo album Freak out, ha segnato un’epoca attraverso un atteggiamento mentale e visivo originale. Stupisce in parte che quest’anno la sua musica di Yellow Shark abbia inaugurato la Biennale Musica 2018 di Venezia, visto che è sempre stata considerata il tempio della musica contemporanea.

Donella Del Monaco ha invitato per l’occasione il musicologo Renzo Cresti, docente al Conservatorio di Lucca di cui è stato direttore. Uno dei più attenti analisti della musica e autore di importanti saggi quali Richard Wagner la poetica del puro umano e l’ultimo lavoro, Ragioni e Sentimenti nella musica del ‘900. L’importanza di Frank Zappa, e la presenza di Renzo Cresti, hanno riempito il parterre con compositori, musicisti, intellettuali e appassionati per ascoltare la sua riflessione. Il tema si è sentito molto e ne è nato un intenso dibattito. Proponiamo alcuni pensieri di Renzo Cresti: “Secondo me, il momento storico in cui viviamo è fatto di tante cose, è molteplice, e questa eterogeneità caratterizza proprio la nostra epoca, per cui vi è posto per tante letture del mondo. Il termine ‘musica contemporanea’ rimanda alla musica colta ma anche a un certo tipo di musica, quella dei decenni del secondo dopoguerra, quando i musicisti sperimentavano in maniera un po’ astratta e da qui la difficoltà per il pubblico a seguire alcune composizioni. Però è da almeno trent’anni che questa ‘musica contemporanea’ ha un cambiato atteggiamento, infatti, io proporrei di chiamarla musica del presente, dove vi sono delle ricerche dure e pure ma vi sono anche tante altre tendenze che mettono in gioco esperienze sonore diverse e avvicinano di più il pubblico all’affascinate mondo dei suoni di oggi.”

Intervista

Ritiene che questa apertura verso un compositore trasversale come Frank Zappa abbia un significato di apertura verso generi musicali fino a ora considerati extracolti?

Penso di sì, i tempi sono maturi da un bel po’. Il problema è che le istituzioni accademiche sono attardate in una visione della musica formalistica che loro considerano l’erede della grande tradizione classica. Ma dagli anni Cinquanta in avanti troppe cose sono cambiate nel mondo, nella società, nella cultura, per continuare a perpetuare una visione eurocentrica ed esclusiva della musica. Oggi una grande considerazione deve averla quel tipo di musica che attraversa le varie tendenze, una musica inclusiva. Per riprendere una definizione di Papa Francesco che parla di ‘Chiesa in uscita’, una musica in uscita dai tradizionali generi codificati, prensile, pronta a vibrare di sollecitazioni che le provengono da storie e culture diverse.

Secondo lei qual è la musica rappresentativa del nostro momento storico?

Non esiste una musica che possa rappresentare la nostra epoca, che si può raffigurare con una serie di musiche, al plurale. La narrazione del nostro momento storico non può essere univoca, in questo caso sarebbe ideologica, ma fatta da tanti punti di vista sonori, da molteplici prospettive musicali, che tutte insieme, ci parlano dell’oggi. Ecco perché dobbiamo essere inclusivi.